Libri con le facce
Fin dalle prime ore di vita, il neonato risponde e avvia relazioni comunicative fondamentali dell’atto del leggere. Prima ancora di scoprire il libro cartaceo, che contiene illustrazioni simili a quelle viste nella realtà, prima di appassionarsi al primo libro che gli aprirà le porte a qualcosa di nuovo, il bambino apprende le basi della lettura nel gioco faccia a faccia con le persone che lo circondano.
Leggere è un atto composto da tre principali azioni: cogliere gli stimoli, dare un senso a quanto percepito, e infine reagire in termini di emozioni, azioni, comportamenti. Il bambino raccoglie le espressioni facciali della mamma, cerca di interpretarle come espressioni legate ad una emozione, quindi reagisce intensificando il contatto.
In questa prospettiva la lettura è qualcosa che nasce naturalmente e si inserisce nei processi evolutivi di tutti i bambini.
Possiamo dire il bambino nasce lettore.
La lettura del volto della mamma è il motore che incoraggia il bambino e lo appresta a due successive imprese: il primo passo è quello di scoprire quello che c’è oltre al volto (lettura della realtà); il secondo passo lo porterà a entrare nel “mondo rappresentato” delle illustrazioni dei libri, arricchendo il suo bagaglio conoscitivo di cose nuove, attraverso la lettura delle immagini presenti nelle pagine nei libri (lettura dei libri). E’ chiaro che la lettura decifrativa – il cui insegnamento obbligatorio avviene con l’ingresso nella scuola primaria – è solo una dei tanti tipi di lettura.La lettura incomincia quindi naturalmente come processo legato alla comunicazione, inserita nelle relazioni che il bambino stabilisce fin dalla più tenera età. Alcuni studi hanno descritto e valorizzato un primo tipo di lettura, la lettura dei volti, che, non appare riconducibile solamente al semplice riconoscimento delle emozioni, ma prefigura una più complessa lettura di narrazione, perché comprende le storie che hanno generato le emozioni che i volti raccolgono, conservano e fanno intravedere. Quindi si andrà ad approfondire il delicato e fondamentale passaggio che permette al bambino di procedere dal volto della mamma alla lettura delle foto di volti presenti nelle pagine dei “libri delle facce” e successivamente delle espressioni dei protagonisti dei libri illustrati.
Il neonato, può essere considerato un “comunicatore competente”, dotato di abilità che lo predispongono ad interagire con l’ambiente e con gli altri.
Il bambino si mette in contatto con il mondo attraverso vari canali come lo sguardo, emettendo dei suoni, con i gesti; tra questi le espressioni facciali sono state oggetto di attenzione e di studi significativi, poiché è stato riscontrato che i rapporti che il piccolo lettore intesse con il volto della persona che lo accudisce sono di straordinario rilievo. L’importanza dei volti riveste un ruolo fondamentale. Gli studiosi sostengono infatti che: “Il riconoscimento degli individui si realizza il più delle volte tramite il volto, e le espressioni facciali sono della massima importanza per i rapporti e la comunicazione tra le persone. Possono indicare piacere o dispiacere, gioia o frustrazione e molto altro ancora”. E questi processi sono così importanti per la vita e lo sviluppo del bambino che non c’è da meravigliarsi se ”… il cervello ha specializzato un’intera regione della corteccia nel riconoscimento dei volti”. Ricercano un volto particolare, quello della persona che si prende cura di loro. Il neonato ricerca in continuazione il volto della mamma e continua a seguirlo anche quando è intento a succhiare al seno.
Il rapporto con il volto è un rapporto multi-sensoriale che coinvolge tutti i sensi: “Quando nell’interazione l’adulto tiene il viso stabile e vicino al neonato, aumenta la probabilità che questi lo osservi attentamente; questa probabilità aumenta ulteriormente se interviene l’imitazione (dei movimenti della bocca, o della lingua, o dei vocalizzi), o se l’adulto parla in “madrese”.
Dal volto noto il bambino gradatamente passa alla scoperta e al riconoscimento dei volti vicini. Dopo quello della mamma con cui si è instaurato il rapporto viso-cibo, dopo 2 settimane riconosce anche il viso del padre, di quel signore che sta sempre vicino alla madre, che qualche volta lo prende in braccio come lo prende la mamma, senza dargli però il capezzolo, che ha poi tutto un altro odore e, probabilmente, un altro sapore; a 6 settimane sa riconoscere tutti e due, padre e madre, anche emotivamente, come qualcosa di amico, di protettivo, di cui fidarsi, cui sorridere: qualcosa di molto diverso dall’estraneo, che invece lo lascia indifferente, o incerto, o impaurito”. E così il piccolo inizia a distinguere i volti l’uno dall’altro. E pian piano, con il passare dei giorni, allarga la conoscenza della realtà che lo circonda. Dal terzo mese si sviluppa la visione binoculare: le immagini provenienti da entrambi gli occhi si integrano in una sola immagine, il bambino può vedere fino ad otto metri di distanza. Le facce restano ancora al centro dei suoi interessi. La vista progredisce insieme agli altri sensi.
Il bambino, lo sguardo e le emozioni
Il volto è il luogo dove si concentra la maggior parte delle informazioni sensoriali, sia che un soggetto le esibisca come emittente o che le “legga” sul volto dell’altra persona, come ricevente, all’interno di un processo comunicativo. Durante la crescita si perfeziona l’attenzione ai segnali emotivi, come base della comunicazione e per la sopravvivenza di specie, per poter immediatamente distinguere chi è ostile da chi non lo è. Già a tre mesi i bambini sono in grado di discriminare un volto sorridente da uno imbronciato e poco dopo reagiscono in modo appropriato ad una serie di mimiche facciali, ad esempio dinanzi ad un volto allegro sorridono di più e provano ad avvicinarsi, mentre cercano di evitare un volto accigliato.
Dal viso alle facce nei libri
Se quindi per il bambino è di fondamentale importanza aggrapparsi al viso della mamma per avviare la comunicazione con il mondo, se nei volti sono rappresentate le emozioni e queste si possono cogliere con rapidità in un solo colpo d’occhio, se il nostro cervello ritiene così importanti queste operazioni da specializzare un’intera area, e se per contro la nostra competenza sembra essere limitata e non in grado di sfruttare tutte le potenzialità, ben vengano strumenti, attività educative e conoscenze che possano sviluppare questo tipo di lettura.
Si suggeriscono alcune indicazioni e le caratteristiche che i libri delle facce dovrebbero possedere per sostenere il passaggio del bambino dalla viso della mamma al riconoscimento delle facce e delle espressioni rappresentate nei primi libri e in quelli illustrati e quindi avviare il cammino come lettore nel mondo dei libri.
- Potenziare la presenza di libri delle facce come prima lettura da offrire ai bambini a partire dai 9 mesi.I libri delle facce rappresentano dei libri unici perché permettono al bambino di rivedere e consolidare le diverse espressioni emotive apprese nel rapporto con la madre e al contempo si pongono come i primi libri con cui familiarizzare e incominciare il percorso di lettore.
- Continuare con i libri delle facce inseriti in contesti narrativi. I bambini comprendono e interpretano le emozioni non solo dall’espressione delle facce ma anche dal contesto all’interno del quale le espressioni si sono generate. L’esempio più indovinato a questo proposito si trova in Faccia buffadi Nicola Smee.
- Proporre immagini con rappresentazioni di tutte le diverse emozioni: non solo facce felici ma anche facce capaci di rappresentare e trasmettere le altre emozioni: il disgusto, la noia, la sorpresa, la rabbia.
- Offrire, quando sono implicate le emozioni, libri con protagonisti sia animali che bambini. Il ruolo di questi due tipi di protagonisti è differente per il lettore. La rabbia rappresentata nel volto di un animale permette l’attivazione di un processo di identificazione più distaccato e una minore implicazione emotiva.
- Ruolo della visione frontale delle facce. Il bambino, specie se piccolo, ha bisogno di instaurare un rapporto faccia-a-faccia e diretto con l’interlocutore; preferisce vedere la faccia, che deve essere di fronte, non sfuggente o di profilo, per poter cogliere le espressioni, le intenzioni, l’intensità delle emozioni. Ma come è possibile osservare la faccia e contemporaneamente rappresentare i protagonisti nella dimensione dinamica del movimento?
- Un’attenzione particolare andrebbe riservata alle illustrazioni delle fiabe, anche di quelle più semplice e ridotte dove i personaggi vivono profonde implicazioni emotive, sia personalmente che indirettamente in qualità di coprotagonisti. L’illustrazione di un lupo, ad esempio, non va solo pensata affinché il bambino riesca a riconoscere quello specifico animale – un lupo più o meno grande, più o più o meno bello – ma perché rappresenti il lupo che vive nella storia in cui è inserito: un lupo triste o allegro, rabbioso o compiacente; senza questo livello, la lettura rimane piatta e il bambino non arricchirà il flag di quella particolare espressione facciale già interiorizzata nella esperienza con la madre ed evocativa dell’emozione corrispondente.
- E’ bello, per un bambino che legge le illustrazioni, riconoscere i tratti che per primi ha imparato a leggere, i tratti a lui familiari e di grande intensità emotiva che rimandano al primo rapporto vissuto con la madre ed è bello riconoscersi nelle emozioni delle facce.
Conclusioni e consigli
Viviamo in una società in cui si usa sempre meno comunicare con lo sguardo e dove si sta dimenticando come guardarsi negli occhi, anche nelle situazioni di imbarazzo. Pensare alla faccia della mamma e alla lettura delle facce, riconoscendo che questo è un percorso di lettura che tutti dovremmo intraprendere e continuare, è forse un modo per vivere relazioni più intense.I libri delle facce sono molto diffusi negli USA, dove spesso vengono proposti dagli stessi pediatri. In Italia le pubblicazioni di questo tipo non sono molte, ne citerò due che, a mio parere, sono le più valide.
Il primo è lo storico Guarda che faccia!edito da Giunti Kids, che è stata il primo libro prodotto dal progetto Nati per Leggere nel 2004, frutto della collaborazione tra la pediatra Stefania Manetti e la redazione di Quaderni ACP.Si tratta di un libro cartonato, con spigoli arrotondati, sulla cui facciata di destra sono riportati volti di bambini presi frontalmente. Ciascun volto esprime in modo molto chiaro un’emozione: gioia, tristezza, sorpresa. Nella facciata di sinistra è riportata, tradotta in varie lingue, la scritta che più verosimilmente riproduce il suono collegato all’emozione. Gli sfondi sono colorati, con colori uniformi e vivaci.
Il secondo è una pubblicazione più recente della casa editrice Gribaudo: Facciamo le facceanch’esso con tutte le pagine cartonate e i bordi arrotondati. Presenta le consuete facce di bimbi con le diverse espressioni nella pagina di destra e a sinistra un testo brevissimo in rima sull’emozione provata. Recensito qui nel nostro articolo.
Ed infine Facceedito da topipittori un libro per piccolissimi, dedicato al soggetto più affascinante: il volto umano. Una galleria di espressioni, emozioni, sorprese, sentimenti suscitati dall’incontro con l’altro da sé, tanto desiderato, amato e anche un po’ temuto. Parole e immagini che aiutano i bambini a elaborare le loro esperienze quotidiane.
Questi libri, come tutti i primi libri, cioè quelli che per contenuto e struttura sono adatti ai più piccini (vanno sempre lasciati a portata di mano del bambino. Su bassi ripiani, nel cesto dei giocattoli, nel box, l’importante è che vengano vissuti come oggetti familiari, come giochi speciali che possono essere anche condivisi con mamma e papà. I primi libri devono poter essere manipolati in libertà, anche assaggiati, senza il timore che si rompano. Anzi vi dirò di più: il successo di un libro, nella primissima infanzia, si misura anche dal numero dei rattoppi richiesti, fidatevi!
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